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Descrizione

Sono numerosi i piloni votivi sparsi su tutto il territorio comunale di Robilante. Ognuno ricorda un fatto storico o, semplicemente, è sorto per la devozione della gente.
Per piloni (pilhoun in occitano) si intendono quegli oratori o cappellette a struttura verticale edificati isolatamente, su terreni privati senza compiti di culto primario. In Piemonte per pilane si intende una piccola costruzione avente un corpo in muratura (pietra o mattoni) con una nicchia ricavata a protezione di un affresco. (1)
E’ raro trovare riscontri e storia di queste costruzioni nei documenti o presso archivi comunali o parrocchiali poiché questi sono di origine e iniziative di privati, pertanto senza alcun controllo da autorità civili e religiose. Sappiamo solo con certezza che le edicole sacre nelle nostre Vallate sono tutte posteriori al 1600. (2) (3)
La maggior parte dei piloni e pitture sono di origine votiva e devozionale, in ricordo di fatti eccezionali legati a calamità naturali, pestilenze, disastri bellici scampati. Non mancano neppure motivazioni popolari tra religiosità e superstizione, quando si richiama una protezione contro il malocchio o contro le c.d. “masche”.
Architettura montana, espressione reale di una lunga fatica fatta dall’uomo in un contesto murale molto severo che aiutano a scoprire la profonda fede cristiana e la devozione popolare radicata nella gente di queste valli.
Le funzioni e l’uso che i piloni erano solite sostenere erano: in primo e più importante ruolo che il pilone poteva avere attraverso il riferimento religioso era, il “ritrovo comunitario”, come di una grande famiglia, quello che saldava i buoni rapporti di vicinato, quello del vivere in pace ed armonia nello stesso territorio e insieme dividere la storia e gli eventi della vita belli e brutti, di ringraziamento e supplica, nelle avversità morali ma anche naturali di ogni giorno.
Si deve distinguere tra “piloni processionali” attorno ai quali ruota una processione cha parte dalla chiesa e termina al pilone, “piloni votivi” in adempimento di un voto o un ringraziamento per una lieta risoluzione della vita o supplica di una situazione. Diversi erano i “piloni di crocevia” posti alla confluenza di strade su antichi percorsi di pellegrinaggio ed i “piloni rotazionali”, cioè a carattere penitenziale.
Per la costruzione venivano usati i materiali locali, i più comuni e solitamente i più poveri: pietre, calce, sabbia, mattoni. Il ferro era usato per la croce e per il cancelletto di protezione della nicchia centrale. (4)
I piloni di Robilante, come quelli che si trovano nelle valli limitrofe, avevano un altezza di 2,50/3,00 metri. La parte di maggior rilievo è costituita dalla immagine sacra, importante era il posizionamento della figura sacra scelta come predominante, i cui tratti dovevano essere riconosciuti da tutti. (5)
La croce sistemata sul tetto aveva la funzione di attirare l’attenzione già da una certa distanza.
L’esecuzioni di questi dipinti, quasi sempre affreschi, era spesso affidata ad artisti itineranti, di passaggio, o a pittori che in quel periodo lavoravano in qualche chiesa vicina e nei ritagli di tempo si prestavano per opere minori. (6)
E’ raro trovare piloni sui quali siano riportate le firme degli autori o il nome del committente o la data di esecuzione. Tuttavia ogni autore possiede uno stile personale, delle peculiarità e delle caratteristiche individuali tali da rendere riconoscibile un suo lavoro anche se non firmato, nel confronto con altre opere delle quali si ha la certezza del nome. Grazie quindi all’individuazione dell’autore è possibile poi risalire all’attribuzione cronologica e quindi la sua datazione.
I personaggi oggetto delle raffigurazioni sono Cristo e la Madonna, oppure i Santi che hanno un importanza singolare nel mondo contadino.(7)
Numerosi sono i piloni votivi dislocati nel territorio comunale. Ognuno ricorda un fatto storico o, semplicemente, è sorto per la devozione della gente. Dalla metà degli anni ’90 è iniziato un importante progetto di restauro, grazie all’iniziativa di Don Giuseppe Parola, al buona volontà del Gruppo Alpini di Robilante e alle generose donazioni di molti robilantesi.

Due sono particolarmente noti per la loro storia:
- PILONE DELLA BATTAGLIA, ubicato nella frazione del Malandrè. Nel 1274 il Marchese di Saluzzo, Tommaso I, che aveva anche lui dovuto cedere a Carlo, passa alla lega antiangioina ed è tutto un rumore di guerra.
Il siniscalco Filippo di La Gonessa, vistosi praticamente accerchiato, tenta il rientro in Provenza per la Valle Vermenagna, ma nei pressi di Roccavione l’esercito angioino è accerchiato dalle cospicue forze della lega ed il 10 novembre 1975 si tiene un’aspra battaglia. Il combattimento si svolge nella stretta piana tra Roccavione ed Imperiale e le forze angioine, la cui cavalleria non riesce a manovrare in un luogo così ristretto, sono duramente sconfitte; il siniscalco resta ferito, l’esercito angioino è preso prigioniero. Questa è la “seconda battaglia di Roccavione” ed è il termine della prima Signoria angioina in Piemonte.
La grande Battaglia è ricordata ancora oggi da un pilone che sorge su un colle posto sul crinale tra Boves, Roccavione e Robilante.

- PILONE DEL MORO: anch’esso in località Malandrè. Il pilone ricorda la strage avvenuta tra Boves e Roccavione, ai piedi della collina che guarda Borgo San Dalmazzo, nel luogo tuttora chiamato “Ciadel” (dal latino clades che significa appunto “strage”), avvenuta durante l’invasione dei Mori. Infatti, i Saraceni, che si erano fortificati a Frassinetto (anno 889 circa) in Provenza presso Nizza, scendono attraverso le valli delle Alpi Marittime (probabilmente nel 904) mettendo a ferro e fuoco i centri abitati. Anche la Valle Vermenagna è costretta a provare l’urto di quelle orde d’infedeli; la popolazione in parte è trucidata ed i superstiti sono costretti, per ragioni difesa, a rifugiarsi sulle alture;

Di seguito l’elenco di alcuni piloni siti nel territorio comunale:

- PILONE DI SAN ROCCO (Via Umberto I, nell’omonimo rione di San Rocco) sorto al posto della Cappella di San Rocco e Gregorio (cappella molto antica, risultano informazioni sulla sua cattiva manutenzione già all’inizio del ‘600, al tempo della peste venne restaurata per ordinato comunale del 22 agosto 1630. Tali restauri, però, durano poco anche perché la cappella è affiancata da un corso d’acqua che rende l’ambiente piuttosto umido. Se ne delibera la riedificazione nel 1698 con la relativa spesa del 550 lire. Nei primi decenni dell’800 è nuovamente pericolante, tanto che il Vescovo di Cuneo la interdice nel 1839. Il Pievano Don Viani, negli anni 1844-46, la fa abbattere e, col consenso del Comune e della popolazione, la ricostruisce più ampia e più bella di prima datandola di un artistico campanile. Più tardi, Don Viani vi da decorare la facciata con un bel dipinto che rappresenta i SS. Gregorio e Rocco (tra le figure dei due Santi appare in lontananza un vecchio prete, poggiato su un bastone: è lo stesso Don Viani che sostava sovente per ammirare i lavori e che il pittore ha voluto immortalare nel dipinto). Gli eventi bellici e la sua posizione infelice rendono la cappella ancora una volta instabile e precaria fino al suo definitivo abbattimento).

- PILONE DI SAN SEBASTIANO – sito nel rione di San Sebastiano, statua del Santo, sorge al posto della Cappella dei SS. Sebastiano e Antonio da Padova (Cappella antichissima, risalente probabilmente al ‘400. Fino al ‘700 appartiene al Comune, che ne faceva celebrare messe secondo la sua intenzione. Al principio dell’800, essendo fatiscente, viene interdetta. Restaurata per opera del Pievano Don Viani, viene in seguito riaperta al culto fino alla sua definitiva soppressione nella metà del 20 secolo).

- PILONE DELLA RAMONDA (Malandrè) – restaurato nel 1996;

- PILONE DI SAN SEBASTIANO (Malandrè) – restaurato nel 1996;

- PILONE GIULI, iconografia Gesù in Croce, la Madonna, San Giuseppe, San Donato, Sant’Antonio da Padova con bambino – nessuna iscrizione;

- PILONE DELLA REGINA DELLA PACE (Tetto Carletto) – Statue della Madonna e di Padre Pio;

- PILONE DI SAN GIUSEPPE (Tetto Gelà - Vallone Pettavino), iconografia: San Giuseppe col Bambino - iscrizione “San Giuseppe”- ristrutturato nel 1994;

- PILONE DEL CHIOT (frazione Vermanera) – iconografia: in alto Dio Padre e lo Spirito Santo (colomba), e frontalmente la Santa Famiglia (Maria con Gesù seduto sulle ginocchia e San Giuseppe) e di fianco Santi Gioachino e Anna, a destra San Rocco col cane - restaurato nel 2008 (considerato una bellezza della struttura architettonica e come preziosità delle pitture, dai lavori effettuati è emerso che il pilone del Chiot è stato dipinto dalle stesse mani che avevano dipinto la Chiesa Parrocchiale nel 1873, dipingendo tutto il pilone durante un’unica giornata);

- PILONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Tetto Chiappello) - Statua del Santo;

- PILONE DI SNIVE (Snive) – in pietra e di pianta rettangolare, con quattro nicchie - iconografia: siccome non erano più visibili i dipinti originari e nessuno ricordava quali Santi fossero rappresentati, durante la fase del restauro si è deciso di far rappresentare nella nicchi centrale (che guarda verso le Piagge) l’immagine di Santa Barbara, protettrice dei minatori, nella nicchi a destra l’immagine della Madonna con Gesù Bambino e in quella di sinistra l’immagine di Santa Lucia – restaurato nel 2004

- PILONE DI TETTO RESCASSO (Tetto Rescasso) – restaurato nel 1997;

- PILONE DI TETTO PIULOT (Tetto Piulot) – dedicato a Notre Dame du Laghet – restaurato nel 1998;

- PILONE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE (Cascina del Conte) – Statua della Madonna;

- PILONE DI SANT’ANNA (Via Cirinot) - iconografia: Sant’Anna e la Madonna – iscrizione “E’ stato ristrutturato nel 1975”;

- PILONE DI SANT’ANNA (località Cappella di Sant’Anna) – iconografia: S. Anna con la Madonna in Braccio, in basso il Cappello Alpino, la picozza e lo zainetto militare, in alto una cornice di montagne verdi e un rametto di pungitopo che era stato tagliato dalla pianta che è addossata al pilone. La roccia su cui S. Anna è quasi seduta fa un tutt’uno con lei – Il pilone era stato voluto dal robilantese Barberis Giuseppe (soprannominato Giusep d’Teresina) per adempiere ad un voto che aveva fatto mentre si trovava in guerra “se tornerò a casa salvo, farò costruire un pilone in onore di S. Anna” e così avvenne nel 1945;

- PILONE DI SANTA MARIA ( sito in località Cialance) – iconografia: Madonna col Bambino – nessuna iscrizione;

- PILONE DI SANTA MARIA (Tetto Massa) – Statua della Madonna;

- PILONE DI SANTA MARIA (Tetto Sela) – iconografia: la Madonna – nessuna iscrizione;

- PILONE TETTO CADEL – iconografia ed iscrizione non riconoscibili;

- PILONE DELLA BALME – iconografia: sono parzialmente visibili le pitture raffiguranti San Giachino, la Madonna con Gesù morto sulle ginocchia , due Sante di cui una martire. (Nel 2004 è stato compiuto un’importante intervento di restauro e consolidamento. Posto sopra un costone roccioso, a pianta rettangolare, in pietra e con tre nicchie ancora dipinte).


NOTE:
(1) Dal punto di vista costruttivo si distinguono in piloni “a forma aperta” e piloni “a forma chiusa” a secondo se nella parte anteriore abbiamo o no un incasso di rilevante dimensione rispetto alla struttura complessiva. Quelli a tipologia aperta, pianta a C, con il lato posteriore piano o curvo: possono essere presenti nicchie laterali di profondità vairabile, ma sempre inferiore all’incasso principale. Le raffigurazioni dei santi trovano spazio sulle pareti laterali interne o nelle nicchie esterne. La tipologia chiusa è la meno diffusa ed è tipica dei piloni più semplici. Fatti con un basamento alto circa 1 metro, ai lati di questo corpo vi è un piccolo incasso a forma rettangolare dove sono disegnate le figure. Pertanto questi piloni sono dipinti su quattro lati e il titolare sarà sulla parte più visibile delle vie di accesso al pilone;
(2) E’ importante, nella ricostruzione storica, distinguere la data di costruzione del pilone da quella dell’affresco in esso contenuto, in quanto la costruzione solitamente è più antica mentre la pitturo può essere più recente e corrispondere ad un restauro o alla rinnovata titolazione;
(3) la più famosa descrizione dei piloni è quella dello scrittore Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, dove in un brano del Cap. I, l’autore insegue anche lo scopo di presentare l’edicola sacra come parte integrante e caratteristica del paesaggio del ‘600 italiano;
(4) Il materiale povero e semplice ovviamente esponeva il pilone a periodiche opere di manutenzione e restauri;
(5) importante era far convergere lo sguardo del passante sulla figura del santo rappresentato. Tutto il pilone era costruito per mettere l’immagine sacra immediatamente in dialogo con la gente;
(6) Non mancava neanche il caso di qualche artista locale che era facilmente reperibile e che con il tempo e con un numero consistente di opere acquistava una discreta notorietà;
(7) Adriano RESTIFO, “Piloni e pitture murali- Testimoni di religione, storia, tradizioni e arte nelle valli cuneesi”, L’artistica Editrice, 2004, pag. 13 e sg;
(8) immagine introduttiva: il Pilone del Moro - Frazione Malandrè.



Foto

I piloni


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